Breve storia dell'Energia Nucleare in Italia

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Uno dei temi più dibattuti in Italia – e non solo – riguarda l’energia nucleare. Ma che rapporto ha il nostro Paese con il nucleare? Esiste un organismo che si occupa di energia nucleare? Quali sono i pro ed i contro? Proviamo a realizzare una cronistoria con alcune tappe salienti per ripercorrere eventi e circostanze significative.

Il secondo dopoguerra

A seguito della seconda guerra mondiale, poche nazioni potevano usare ingenti risorse per la ricerca. Peraltro, gli accordi pattuiti precludevano all’Italia la possibilità di sovvenzionare l’arricchimento del combustibile. Tuttavia, le ricerche per il nucleare iniziarono nel 1952 con la creazione del CNRN (Consiglio Nazionale per le Ricerche Nucleari). La svolta si ebbe con la conferenza di Ginevra dell’agosto 1955, detta Atomi per la pace.

Convocata dalle Nazioni Unite, ebbe la partecipazione di 1500 delegati con la pubblicazione di più di 1000 pubblicazioni scientifiche. Il dato saliente è che la ricerca nucleare, sino al quel momento sotto segreto militare, venne negli anni successivi resa pubblica. Uno dei dati più rilevanti riguardò la trattativa per l’istituzione di un’agenzia internazionale sul nucelare. I primi paesi in accordo furono otto: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Portogallo, Belgio, Canada, Sudafrica, Australia. Successivamente anche l’Unione Sovietica si unì alle negoziazioni per lo statuto. Si decise di continuare nella ricerca e lo sviluppo sino alla firma dello statuto da parte degli 81 paesi che avevano preso parte alle riunioni, avvenuta nell’ottobre del 1956. Solo un anno dopo, nel luglio 1957, lo statuto entrò in vigore dando vita all’IAEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica). Si iniziò una vera e propria condivisione della ricerca e la cooperazione internazionale tra vari agenti. Nel giugno 1957, durante la Conferenza di Venezia, furono pubblicati diversi articoli riguardanti la ricerca sulla fusione nucleare, pur mai nominata esplicitamente. Iniziò quindi il preludio per quella che fu la seconda Conferenza di Ginevra, data ta 1958.

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Le centrali nucleari in Italia

La prima centrale elettrica a reattore nucleare è datata 1955 e fu realizzata in Idaho, Stati Uniti. Si chiamava Borax III e rappresentò l’inizio di un ciclo di ricerca e crescita di questa energia. Nell’Italia si iniziò qualche anno dopo, nonostante il nome del’energia nucleare non possa che essere legato, primordialmente, al nome e alle ricerche di Enrico Fermi. Il primo impianto nel nostro paese fu ultimato nel maggio del 1963. Questi, come i seguenti due, rappresentavano dei prototipi utili per sperimenti anche da parte di USA e Regno Unito. Fu realizzato a Borgo Sabotino, una frazione di Latina ed era dotato di un unico reattore Magnox da 160 MW e lordi. All’epoca, questi era così l’esemplare più forte a livello europeo. Solo otto mesi dopo venne realizzato il secondo impianto, quello di Sessa Aurunca, provincia di Caserta, di tipologia BWR. È del 1964 l’accensione, invece, dell’impianto di Trino, nei pressi di Vercelli (in quel momento, la centrale elettronucleare più potente al mondo). Con questo sviluppo si portò l’Italia, nel 1966, quale il terzo paese produttore al mondo dopo USA e Regno Unito. Ulteriori sviluppi si ebbero poi nella successiva decade. Nel 1970 iniziarono i lavori per la quarta centrale, sita a Caorso (provincia di Piacenza), che cominciò a produrre nel 1981. Questo impulso fece nascere la necessità di regolarizzare la situazione. Fu per questo che, nel 1975, venne varato il PEN (Piano Energetico Nazionale), al fine di sviluppare l’elettronucleare.

Abbiamo combattuto tanto per far sì che venissero abrogate le norme che consentivano la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare, ovvero l'energia prodotta a seguito di reazioni nucleari, e ora, nel Lazio, ci troviamo a dover lottare per le scorie nucleari, per lo stoccaggio di scorie radioattive nella Tuscia, nella quale 22 zone del Viterbese sono state definite potenzialmente idonee per il deposito. Per tutti gli aggiornamenti, leggi gli articoli di Tuscia Web.

Gli incidenti e i referendum

Negli anni 80 nacquero i primi dubbi circa il nucleare, soprattutto per ciò che concerne la sicurezza. Il decennio fu segnato dal dibattito seguente all’incidente di Three Mile Island del 1979, a quell’epoca il più grave incidente nucleare negli Stati Uniti. In Italia ciò portò, anzitutto, al ritardo della finalizzazione della centrale di Caorso ma anche, soprattutto, a un forte dibattito sul tema nucleare. A seguito, si registra nell’1982 un guasto alla centrale di Sessa Aurunca con il relativo spegnimento della stessa. Al disastro del 1979 succedette quello, del 1986, alla centrale ucraina di Černobyl', tutt’ora considerato come il più grave a una centrale nucleare. Fu così che l’anno seguente, nel 1987, gli italiani vennero chiamati a esprimersi circa cinque referendum abrogativi, con 3 quesiti inerenti le centrali nucleari. I quesiti erano inerenti la localizzazione delle centrali, i contributi ai comuni ospitanti e il divieto di partecipazione di Enel a impianti nucleari all’estero. Tutti e tre i quesiti videro la vittoria del sì, con il successo del referendum abrogativo che registrò percentuali intorno all’80%. Successivamente, tra il 1988 e il 1990 i Governi Goria, De Mita e Andreotti VI realizzarono l’abbandono dell’esperienza nucleare italiana con la chiusura di Latina, Trino e Caorso. Per rimediare alla mancata produzione nucleare si procedette con l’incremento d’uso di carbone, gas e combustibili. Aumentarono anche le importazioni mentre, successivamente, si aumentò la produzione del gas.

Referendum del 2011

Negli anni tra il 2005 e il 2008 si ebbe un aumento dei prezzi di gas e petrolio. Questo riportò in auge il tema del nucleare, che tornò così prepotentemente. L’allora ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola propose la costruzione di dieci nuovi centrali. La produzione si sarebbe dovuta affiancare a quella delle fonti rinnovabili, in modo da ridimensionare il fossile.

Solo così si possono ridurre le emissioni in maniera sostanziale e nel modo più rapido ed economico possibile, dando priorità alle energie rinnovabili, rispetto il nucleare.
Le energie rinnovabili sono notevolmente più efficaci del nucleare nel ridurre le emissioni di carbonio derivanti dalla produzione di energia elettrica. 
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Proprio per questo, nel 2008, fu definita la Strategia energetica nazionale, il quale subì ricorso da parte di tre regioni. Vennero stabilite le procedure amministrative, strategiche e relative a tempi e costi dele opere. Nel 2009 furono dieci le regioni a impugnare la legge, con ricorso che fu però rigettato, nel 2010, dalla Consulta. Il Governo italiano sancì inoltre un accordo con quello francese per la collaborazione industriale, che aveva base nell’intesa tra Enel ed EDF. Analogamente, due anni dopo fu firmato un accordo simile con gli Stati Uniti dell’amministrazione Obama e riguardante Westinghouse e Ansaldo Nucleare. Nel 2010 si arriva così alla proposta di referendum presentata dal partito Italia dei Valori. Il referendum abrogativo del nuovo programma sul nucleare vede poi il suo svolgimento il 12 e il 13 giugno 2011, assieme ad altri tre quesiti. Il tema sul nucleare raggiunge il quorum e la percentuale di sì si attesta al 94,05% decretando una nuova chiusura de programma. Un impatto sul voto fu certamente reso anche dall’incidente di Fukushima Dai-ichi del marzo 2011, con esplosioni alla centrale che provocarono terremoto e maremoto. A seguito di questi fu stabilita una moratoria di 1 anno da parte del Governo. Nonostante ciò, lo svolgimento del referendum mantenne inalterata la data e vide così regolare esito. Allo stato attuale l’Italia fa parte del programma di condivisione nucleare della Nato, pur non possedendo e né producendo armi nucleari.